Pensate che sia uno slogan? NO , non lo è. È un “credo”. Lo sapevate che uno dei motivi principali che porta le persone a licenziarsi è la cattiva relazione con il proprio superiore? Ebbene sì, sono più le volte che il rapporto capo-collaboratore non funziona che al contrario.
In particolare …….

Nell’ultimo articolo La solitudine del capo ho cercato di mettere l’accento sull’importanza per un Manager di potersi confrontare con un esterno neutro e disinteressato. Un manager che non sta bene con se stesso, nel proprio ruolo, non fa star bene gli altri.

Sappiamo che il cliente è la figura più importante per il successo dell’azienda, ma se il cliente riceve un servizio non ottimale, fatto da un collaboratore non ottimale, ossia che non sta bene dove sta, cosa centra il capo e il suo stile di conduzione? Centra tantissimo! L’attenzione (che non vuol dire accondiscendenza assoluta) che il capo che sta bene rivolge ai propri collaboratori, vale tanto quanto quella dedicata ai clienti.

Perché se il cliente vuole sentirsi speciale, anche il collaboratore lo vuole. Mi dirai, ma cosa c’entra?

C’entra eccome. Un collaboratore riconosciuto e apprezzato a cui vengono riconosciuti in modo visibile i meriti di quello che fa e che si sente importante per l’azienda, avrà un livello di motivazione e di senso di appartenenza molto, ma molto più forte degli altri. Questo sentimento positivo di grande forza, il collaboratore lo porta dentro e verso il lavoro che svolge e di conseguenza arriva fino al cliente dove si rende visibile in: “ottimo servizio”, “orientamento al cliente dal punto di vista della relazione”, “puntualità e qualità del lavoro svolto”ecc. E questo non vale solo per i collaboratori che hanno contatto con il cliente esterno, ma vale per tutti; es. il magazziniere che prepara e fornisce il materiale per i colleghi o il backoffice che prepara l’offerta per il commerciale. Sono tutte relazioni che per funzionare al meglio necessitano di persone motivate con un forte orientamento al cliente, interno o esterno che sia. Ed è inserendo elementi valorizzanti nella conduzione che si ottengono questi presupposti.

Una conduzione “valorizzante” dove il collaboratore non è quello che sta dall’altra parte ma sta dalla parte dell’azienda verso la quale si identifica e della quale si sente parte integrante, è possibile con pochi accorgimenti. Non è una questione tecnica ma una questione di approccio che inizia nel momento in cui i collaboratori vengono reclutati e assunti fino alla loro uscita dall’azienda.

Oggi si parla tanto dell’importanza dell’employer branding ossia l’immagine dell’azienda verso l’esterno. Non c’è alcun dubbio, è di importanza strategica e va implementato. Ma una volta che hai assunto il migliore dei collaboratori, in azienda cosa trova? Il cliente/collaboratore non va solo acquisito ma va valorizzato e fidelizzato in egual misura.

La motivazione e l’identificazione del collaboratore non si paga col versamento del salario, ma va costruita e alimentata attraverso una relazione dove all’interno ci sono apprezzamento, competenza, delega, responsabilità, riconoscimento, team spirit ecc.

Dare un occhio di riguardo ai collaboratori considerandoli alla stregua dei migliori clienti, vale la pena e garantisce un ottimo ritorno d’investimento, te lo assicuro!

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