Da uno studio fatto attraverso un sondaggio on-line dalla Società di formazione aziendale NeumannZanetti & Partner di Meggen (LU), emerge che siamo (i professionisti delle risorse umane) molto lontani dall’essere in grado di gestire il processo di licenziamento, sia che riceviamo che se diamo disdetta. Alcuni dati interessanti:
Alla domanda, come si è sentito durante il colloquio di licenziamento? Gli aggettivi più gettonati sono stati: frustrato; vicino alle lacrime; spaventato; amareggiato; tradito; umiliato; non rispettato; impotente… ecc.
D’altra parte alla domanda come si è sentito quando ha dato le dimissioni? I toni cambiano: liberato; sicuro; determinato; convinto; responsabile; emozionato e così via.
Ma quali sono gli elementi positivi emersi?
L’85% dei manager si prepara bene al colloquio di licenziamento. Questo è un dato confortante se consideriamo che si tratta di un colloquio molto delicato e una buona preparazione può fare la differenza in termini emozionali.
Con il 43% dei collaboratori che inoltrano la disdetta, viene svolto un colloquio di uscita. Non male direi, dal momento che questi tipi di colloquio aiutano a riflettere su quanto è successo e da così degli elementi che permettono di prevenire.
L’80% delle aziende sostiene che durante il colloquio esprime le reali motivazioni che stanno alla base del motivo del licenziamento. Cosa che aiuta sicuramente sia il collaboratore come anche l’azienda stessa ad acquisire maggior consapevolezza.
Infine l’11% dei collaboratori che si licenziano, lo comunicano con largo anticipo ( più del preavviso concordato). Questo è senza dubbio frutto di un livello di collaborazione e fiducia reciproca che oggettivamente è un po’ lontana dalla nostra cultura. Infatti tendiamo a liberarci dei collaboratori il prima possibile, attraverso l’esonero o le vacanze o altri modelli. Una volta presa la decisione ci si vuole liberare dell’altro al più presto. C’è da chiedersi qual era il livello di fiducia tra collaboratore e azienda?
Il dato significativo però secondo me sono il 43% dei collaboratori che a seguito di una disdetta vengono invitati ad un colloquio d’uscita. Appunto il colloquio d’uscita, uno strumento potentissimo nella gestione delle risorse umane. Ma lo è sempre ed in ogni caso? No, non direi.
Prima di tutto lo si fa solo con i collaboratori che hanno inoltrato la disdetta e non con coloro i quali sono stati licenziati. A mio modo di vedere andrebbero applicate le seguenti regole per farlo diventare utile e prezioso:
- Il colloquio va fatto non prima dell’ultimo giorno di lavoro. Infatti idealmente dovrebbe essere l’ultima cosa che il collaboratore fa in azienda.
- Il colloquio deve essere fatto da una persona neutra, ad esempio il responsabile HR o simile. In ogni caso non va mai fatto dal capo del collaboratore o da un suo collega.
- Il colloquio deve essere strutturato e deve perseguire l’obiettivo di scoprire il vero motivo della disdetta, la vera causa e cosa avrebbe potuto impedire al collaboratore di licenziarsi (le sue aspettative quindi).
- Infine, in vista dell’assunzione di un sostituto, dobbiamo porci la questione se il profilo richiesto corrisponde ancora alla funzione da svolgere. Sembra banale ma non è detto che il quadro delle competenze sia rimasto invariato.
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